C’era una volta,
un Re e una Regina che vivevano in grande tristezza perché non avevano figli. La Regina non era più giovane, quantunque fosse ancora bella, e perciò non osava sperarne. La cosa la addolorava molto, dormiva poco e sospirava pregando gli dei e le fate affinché le fossero propizi…
Cosa che in effetti accade: le fate le saranno propizie e la regina finalmente sarà in attesa di n figlio .. Ma .. Non tutte le fate si sono comportare bene, una di loro chissà perché - forse si è distratta? - ha causato un piccolo incidente: al posto del solito bel principe delle fiabe la regina partorisce un piccolo cinghiale! Inizialmente il piccolo è tenuto lontano dalla madre ma prima o poi l’incontro dovrà avvenire e certo non sarà quello che la regina tanto sperava, infatti nel momento in cui lo vede sarà colta da una profonda tristezza ma la regina tutto sommato è una donna saggia e rifiuta la proposta del marito di annegare “subito questo mostriciattolo” rispondendogli “Non ha nessuna colpa [ … ] questo cinghialetto! Doveva nascere e crescere buono ed è nato invece così”, vuole insomma crescere suo figlio, imparare ad amarlo. La cosa che mi è parsa interessante di questa fiaba - come altre è una metafora, il racconto di persone con bisogni speciali - riguarda i sentimenti: A. i genitori sognano un figlio, lo idealizzano. B. il bambino nasce e non è come loro se lo aspettavano (cosa che accede sempre ma in questi casi è una situazione amplificata). C. essendo un “mostriciattolo” come lo definisce il caro papà si pensa un po' di annegarlo, di rifiutarlo in sostanza. D. si pensa che questo “mostriciattolo” è il proprio figlio e non si può far a meno di volergli bene, di trovarlo simpatico - come la regina confida alle amiche!
E così inizia il percorso di cambiamento e il riconoscimento che al di là del cinghiale esiste un principe, una persona..
Nessun commento:
Posta un commento