E’ il nome di un movimento che nasce negli anni ‘70 nell’Università di Berkeley (California, USA)ad opera di un gruppo di studenti con disabilità al fine di rivendicare i propri diritti in quanto persone: diritto alla vita, diritti politici e sociali e, sullo sfondo il diritto all’autodeterminazione. I principi cardine - ripresi dalla convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità - di questo movimento sono: la non discriminazione e l’empowerment ovvero il potere di fare, quindi l’autonomia.
Autonomia che è ovviamente importante e che dovrebbe essere sostenuta anche dal sistema formativo - che non si dovrebbe più curare solo degli aspetti culturali della formazione - nelle sue tre grandi aree: area dell’autonomia personale (igiene, abbigliamento, alimentazione, vita domestica …), area dell’autonomia dei movimenti (spostamenti, uso dei mezzi pubblici) e l’area dell’autonomia comportamentale ( nei diversi contesti di vita - familiare, scolastico, lavorativo).
Per quanto riguarda l’empowerment, l’autodeterminazione è necessario agire in due direzioni:
- predisporre, come prevede la normativa, un progetto individuale lungo tutto l’arco della vita.
- intervenire sulla comunità, modificando il contesto per renderlo più sensibile e adatto a quanti lo abitano. In questo caso però c’è il rischio di costruire e perpetrare luoghi e strutture per “diversi” quando risulta invece necessario costruire relazioni significative con i “luoghi della normalità”.
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