mercoledì 15 giugno 2011

la cura

In questo ambito il concetto di aver cura è di fondamentale importanza; il termine cura deriva dal latino e significa amministrare, gestire, farsi carico; nel corso del tempo ha assunto altri due significati: in ambito medico indica un terapia, un trattamento e infine nell’ambito che più ci interessa, quello dell’educazione, indica quel sentimento di sollecitudine, attenzione, di profondo interesse per le vicissitudini dell’altro. Quest’ultimo concetto sottolinea come il focus sia sul percorso da compiere con la persona - che quindi non è un oggetto da guarire, prodotto di un trattamento - all’interno del suo contesto.mani

Esistono due modalità contrapposte dell’aver cura, come definisce Heidegger la cura che prende forma nel rapporto con gli altri (definisce invece prendersi cura la relazione con le cose del mondo):

  • modalità difettiva: porta a sostituirsi all’altra persona, negando le sue capacità e possibilità; si tratta di una pratica educativa violenta dato che l’altro viene ridotto a oggetto manipolabile, dipendente e dominato, anche se in modo tacito e dissimulato, per questo secondo Heidegger questa modalità si configura come un sostituirsi dominando

 

  • modalità autentiche: in questo modo si parte dal presupposto dell’educabilità dell’altro - quindi dalle sue potenzialità . L’attenzione in questo caso è centrata sulla persona e non sulle cose da fornirgli - per quanto anche queste siano importanti. L’altro è soggetto attivo in un percorso educativo che guarda al futuro e stimola l’auto-educazione. In quest’ottica “Il rapporto educativo è un tipico rapporto tra disuguali che devono divenire uguali: dunque deve essere una costante pratica di uguaglianza” (Laporta R., La difficile scommessa, Firenze, La Nuova Italia 1971).

Con le persone disabili la questione dell’evoluzione del rapporto asimmetrico è piuttosto complicata in quanto risulta difficile liberarsi dall’idea di aver di fronte un bambino da proteggere, e ciò è molto deleterio perché queste persone vivono un estraniamento da se stessi dato che sono sempre altri che decidono per loro, per un qualche aspetto della loro vita resteranno sempre bambini.. E’ un lavoro lungo che richiede ripetuti sforzi, auto-riflessione e auto-critica .. ..

lunedì 13 giugno 2011

Maria Montessori

Maria Montessori (1870-1952) è stata la prima donna medico in Italia nel 1896 e dopo la laurea lavora alla Clinica Psichiatrica dell’Università di Roma dove viene a contatto con bambini “idioti”: comincia a studiare le opere di Séguin e comincia ad elaborare un proprio metodo pedagogico - qui uno dei suoi meriti: l’aver capito che la questione del deficit fosse più che altro pedagogica anziché medica. E’ il primo medico a sostenere la necessità di una diagnosi funzionale come strumento capace di mettere la persona con disabilità nelle condizioni favorevoli per un adeguato percorso formativo-rieducativo.
La Montessori è convinta che il più delle volte il bambino sia troppo spesso influenzato, soffocato, dall’educazione degli adulti, per questo sostiene la necessità di eliminare qualsiasi cosa possa ostacolare il normale sviluppo del bambino; a questo proposito la sua figura di educatore ( “direttrice” ) ha il compito di predisporre un ambiente a misura di bambino, di dirigerne le attività senza però essere onnipresenti: i bambini devono e possono fare da soli. Infatti  l’aiutami a fare da solo (la richiesta che secondo la Montessori il bambino fa all’adulto) diventa l’obiettivo fondamentale del suo lavoro, sia come prevenzione a situazioni di deprivazione culturale sia come prevenzione all’handicap e a situazioni di svantaggio. La spinta all’autonomia è importante soprattutto nella sfera della disabilità dove spesso l’iperprotezione degli adulti è uno dei maggiori ostacoli alla conquista dell’autonomia (discorso valido ancora oggi!)
La figura di Maria Montessori è ancora oggi molto apprezzata nel mondo, solo in Italia la sua fortuna è un po' alternata, qualcuno la elogia mentre altri la criticano. Certo è che è stata la precorritrice della pedagogia speciale nel nostro paese .. ..

sabato 11 giugno 2011

Jean Marc Gaspard Itard & Victor

Francois Truffaut Il ragazzo selvaggio
Dal film di Truffaut-Il ragazzo selvaggio
Anche Itard è un medico ed ha il merito di aver impostato in termini scientificamente corretti la questione dei “deboli mentali” e di aver cercato di porvi rimedio attraverso il recupero delle facoltà sensoriali. Soprattutto il nome di Itard è ricordato a fianco di quello dell’enfant souvage Victor, ritrovato nell’Aveyron nel 1731
Ne furono trovati altri: Amala e Kamala ritrovate in India nel 1920 , Mademoiselle Blanc nella zona dello Champagne qualche tempo prima di Victor, pare che ci siano stati anche un bambino-lupo ritrovato in Germania nel 1344 e un bambino allevato dagli orsi in Lituania nel 1694, ma di questi non si hanno fonti certe, comunque dagli inizi del XIX secolo vengono catturati almeno 25 bambini selvaggi  tra Africa ed Estremo Oriente il cui destino è il più delle volte segnato dall’abbandono: dopo l’euforia iniziale e le prime frustrazioni per l’incapacità dei bambini di progredire nello sviluppo questi vengono lasciati a sé stessi, in balia dei pregiudizi di quella società civile che li ha sottratti al loro ambiente per soddisfare la propria curiosità..
Una volta catturato Victor venne portato all’Hospital Général di Parigi dove un medico, Philippe Pinel, ne dichiara il l’idiozia - per similitudine: vede nel bambino selvaggio i tratti dei suoi pazienti (idioti) - negando così ogni possibilità di educazione; Victor viene trasferito in un altro istituto e da qui passerà sotto la custodia del giovane medico Iard.
Itard si occuperà di Victor dal 1801 al 1806 elaborando due progetti educativi: il primo ha come obiettivi:
  1. INSERIMENTO NELLA VITA SOCIALE
  2. AMPLIAMENTO DEI BISOGNI
  3. USO DELLA PAROLA
Ma Itard è costretto a ridimensionare un po' i suoi propositi e così il progetto del 1806 ci centra su:
  1. educazione sensoriale
  2. educazione affettiva
  3. educazione intellettiva
Un contributo importante è dato da M.me Guérin - è lei a dare il nome a Victor - che con il ragazzo stabilisce un legame d’affetto, umanizzando la relazione educativa; Itard riconosce che è nelle situazioni normali, di quotidianità che Victor ha fatto progressi, più che nei luoghi deputati alla sua istruzione. Itard scrive: “L’amicizia che nutre nei miei confronti è molto più debole,e doveva essere così. Le cure che ha per lui la signora Guérin sono infatti tali da dover essere apprezzate immediatamente;  quelle che io dimostro non sono per lui di alcuna utilità sensibile. E’ tanto vero che questa differenza è dovuta alla causa indicata, che ci sono ore precise in cui sono ricevuto bene da lui: sono quelle che non ho mai impiegato per la sua istruzione”


giovedì 9 giugno 2011

Edouard Séguin

Edouard Séguin è un medico francese il cui percorso è simile a quello di molti altri medici che si interesseranno a quella che noi oggi chiamiamo “pedagogia speciale”: prestando servizio come medico in un ospedale pubblico viene a contatto con “idioti” e altri “handicappati psichici” (è la terminologia del tempo) decide quindi di dedicarsi a loro. Ma la situazione che si trova di fronte è molto incerta persino sul piano diagnostico: molti medici si limitano a diagnosticare “idiozia” o “imbecillità” senza minimamente cercare di stabilirne le cause o elaborare un percorso terapeutico; capisce infatti che l’”idiozia” non è una malattia e che è necessario approcciarsi ad essa con l’intenzione di ripristinare l’equilibrio tra le risorse residue. Sarà questo lo scopo di Séguin: elaborare un trattamento terapeutico ed educativo che comprenda: l’educazione sensoriale, la conoscenza intellettuale - per le quali elabora svariati esercizi di difficoltà crescente - e l’esperienza morale. Come Itard è convinto della possibilità di educare - e non solo di assistere - le persone con disabilità; ma Sèguin fa un passo in più ritenendo necessaria per queste persone un’educazione uguale a quella degli individui ritenuti normali, da qui la necessità di lavorare anche sul piano intellettivo e morale. Sostiene la necessità di una relazione attiva capace di condurre la persona all’esercizio della propria volontà e all’inserimento in un contesto lavorativo, anche se semplice.
Nel 1839 fonda la prima scuola per l’educazione integrale dei ritardati in cui metterà in pratica i numerosissimi giochi educativi da lui elaborati - alcuni utilizzati ancora oggi.
L’influenza di Séguin durò a lungo e influenzò numerosi personaggi, tra cui Maria Montessori..

mercoledì 8 giugno 2011

Comenio

Nasce in un piccolo villaggio della Moravia (odierna Repubblica Ceca) nel 1592, è il precursore dell’educazione per tutti, dalla culla al sepolcro - già nel XVII secolo parla di educazione prenatale, per i neo-genitori, e continua ccomeniuson un educazione adeguata ad ogni fase della vita - e dell’educazione per gli “ebeti e stupidi di natura” (a noi questi termini sembrano offensivi ma all’epoca erano scientifici).
Il pensiero che sta alla base della pedagogia di Comenio  riguarda la necessità che ciascun individuo, maschio o femmina, ricco o povero, intelligente o limitato, venga educato in rapporto alle proprio possibilità e capacità allo scopo di sviluppare le sue piene potenzialità.
La concezione di Comenio è intrisa di spirito religioso infatti considera il suo metodo educativo come via per lo sviluppo dell’uomo ad immagine di Dio - scopo dell’educazione è la formazione dell’uomo virtuoso -  e per questo egli individua nella cultura (ciò che accomuna tutti gli uomini) il mezzo per raggiungere l’unità; ovvio che per far questo era necessario diffondere la cultura, quindi dovevano esserci scuole frequentate da tutti (questo è un concetto sorprendentemente rivoluzionario per un’epoca in cui l’educazione delle donne lasciava un tantino a desiderare!!)
Nel suo pensiero si possono rintracciare concetti molto utili anche per noi:
  • idea di educazione dell’uomo come formazione integrale che dura per tutta la vita
  • democraticità della sua educazione
  • tensione utopica

domenica 5 giugno 2011

Pedagogia Speciale

Scopo di questa branca della pedagogia è favorire l’integrazione delle persone con bisogni educativi speciali* nel loro contesto sociale e quindi di preparali ad una vita che, seppur problematica, possa essere vissuta pienamente insieme ad altri. Fondamentale nel lavoro con persone portatrici di disabilità - ma non solo - è l’identificazione della domanda, del bisogno. Quanto tempo impieghiamo per capire qual è la domanda giusta, qual è il bisogno reale della persona che abbiamo di fronte? Capita magari che siamo troppo presi, che saltiamo alle conclusioni senza fare un analisi attenta dando subito una soluzione, sentendoci così dei bravissimi educatori.. In realtà prima di agire è necessario osservare, riflettere sulla situazione che abbiamo di fronte, solo così potremmo dare una risposta che sia realmente efficace!
Caratteri della pedagogia speciale:
  • si occupa di persone con bisogni specifici
  • riconosce sempre l’educabilità della persona
  • offre risposte speciali a bisogni specifici all’interno del contesto di appartenenza
  • lavora in un ambito di frontiera
La sua storia, il suo sviluppo è segnato dai contributi di personaggi importanti come Comenio, Itard, Séguin o la Montessori di cui parleremo nei prossimi post..

* Bisogno educativo speciale: è una qualsiasi difficoltà evolutiva, permanente o transitoria, in ambito educativo e/o di apprendimento, espressa in un funzionamento problematico (D. Ianes, 2005)
Si considerano portatori di bisogni speciali le persone che presentano:
• Certificazione dalla legge 104/1992
• Problemi di apprendimento
• Altre problematiche (es. di tipo relazionale)

giovedì 2 giugno 2011

Il Principe Cinghiale

C’era una volta,
un Re e una Regina che vivevano in grande tristezza perché non avevano figli. La Regina non era più giovane, quantunque fosse ancora bella, e perciò non osava sperarne. La cosa la addolorava molto, dormiva poco e sospirava pregando gli dei e le fate affinché le fossero propizi…

Cosa che in effetti accade: le fate le saranno propizie e la regina finalmente sarà in attesa di n figlio .. Ma .. Non tutte le fate si sono comportare bene, una di loro chissà perché - forse si è distratta? - ha causato un piccolo incidente: al posto del solito bel principe delle fiabe la regina partorisce un piccolo cinghiale! Inizialmente il piccolo è tenuto lontano dalla madre ma prima o poi l’incontro dovrà avvenire e certo non sarà quello che la regina tanto sperava, infatti nel momento in cui lo vede sarà colta da una profonda tristezza ma la regina tutto sommato è una donna saggia e rifiuta la proposta del marito di annegare “subito questo mostriciattolo” rispondendogli “Non ha nessuna colpa [ … ] questo cinghialetto! Doveva nascere e crescere buono ed è nato invece così”, vuole insomma crescere suo figlio, imparare ad amarlo.  La cosa che mi è parsa interessante di questa fiaba - come altre è una metafora, il racconto di persone con bisogni speciali -  riguarda i sentimenti: A. i genitori sognano un figlio, lo idealizzano. B. il bambino nasce e non è come loro se lo aspettavano (cosa che accede sempre ma in questi casi è una situazione amplificata). C. essendo un “mostriciattolo” come lo definisce il caro papà si pensa un po' di annegarlo, di rifiutarlo in sostanza. D. si pensa che questo “mostriciattolo” è il proprio figlio e non si può far a meno di volergli bene, di trovarlo simpatico - come la regina confida alle amiche!
E così inizia il percorso di cambiamento e il riconoscimento che al di là del cinghiale esiste un principe, una persona..