martedì 5 luglio 2011

pedagogia dei genitori

L'idea base di questo movimento - che si sta diffondendo nel mondo occidentale - è che la famiglia possiede una scienza ed una competenza che devono essere riconosciute dalle altre agenzie educative. I genitori sono i migliori conoscitori del loro figlio, è quindi essenziale coinvolgerli nel processo educativo, non come passivi recettori di interventi decisi da altri, ma come protagonisti attivi capaci di elaborare con altri professionisti un percorso educativo adeguato; si parla quindi di "patto formativo" tra la famiglia e gli operatori dei diversi servizi ( scuola, sanità, assistenza, sociale ).
Lo strumento metodologico privilegiato è la narrazione: infatti attraverso il racconto della propria esperienza si può riflettere su quanto vissuto, attribuendo significati e rivisitando criticamente quanto avvenuto; importante è la dimensione empatica del racconto che permette di conoscere profondamente la persona e quindi di attivare i percorsi più adatti.

venerdì 1 luglio 2011

L'Associazionismo Familiare

E' bene ricordare che i genitori sono i maggiori esperti dei problemi del figlio. Partendo da questo presupposto è naturale riconoscere nelle associoni di famiglia un utile strumento per rivendicare i diritti delle persone disabili, sensibilizzare e fare pressioni affinchè ci sia un rinnovamento sociale ..
Questo fenomeno si è sviluppato in Italia nella metà degli anni '50 del novecento allo scopo di cercare risposte adeguate ai bisogni delle persone con deficit; la peculiarità di questi gruppi è che ogni componente è allo stesso tempo fruitore e dispensatore di aiuto, in funzione alla sua esperienza. Ovviamente la struttura organizzativa varia molto: si va dai gruppi più informali - di solito a livello locale - a vere e proprie organizzazioni su scala molto più ampia.
Sosanzialmete si possono individuare 3 obiettivi:
  • prevenzione primaria ( arrivare a migliori condizioni di vita per il singolo e per la comunità );
  • prevenzione secondaria ( potenziare le abilità da adattamento di persone che si troveranno ad affrontare eventi stressanti: nascita di un bambino disabile, ingresso a scuola ...);
  • prevenzione terziaria ( recupero di un livello soddisfacente di qualità di vita per coloro che vivono o hanno vissuto in condizioni di crisi).

martedì 28 giugno 2011

teoria dello stress familiare e del suo superamento

E' stata elaborata negli anni '80 nell'ambito della psicologia sociale allo scopo di studiare le tematiche della crisi e delle abilità di coping ( ovvero l'insieme degli sforzi cognitivi e comportamentali attuati dalla persona per controllare specifiche richieste interne e/o esterne valutate come eccedenti le sue risorse; è un processo dinamico finalizzato a tenere sotto controllo l'impatto negativo dell'evento stressante). La capacità di adattarsi dipende da molti fattori interni ed eserni al nucleo familiare:
A) il significato che la famiglia attribuisce all'evento;
B) il modo in cui il nucleo ha affrontato i compiti evolutivi connessi alle età precedenti;
C) le relazioni con l'ambiente esterno;
Di fronte alla crisi il nucleo familiare è costretto a rivedere il proprio progetto e ciclo di vita e ad apportare le modifiche necessarie per stabilire nuovi modelli di funzionamento.
La capacità che ha la famiglia di far fronte alla crisi recuperando i livelli di funzionamento antecedenti al problema è chiamata resilienza.
Ci sono due diverse idee di resilienza che indicano:
1) le modalità di protezione che la famiglia mette in atto per proteggere il componente che vive la situazione di difficoltà;
2) per la famiglia come sistema indica le risorse e le sue proprietà specifiche e i suoi processi di autosostentamento; tra le risorse sono importanti: stabilità e coesione familiare, flessibilità e adattabilità di fronte al cambiamento, la resistenza allo stress, la qualità delle comunicazioni, la capacità di sviluppare e mantenere una rete sociale..
Appare chiaro come la resilienza sia una capacità chiave nell'affrontare la disabilità di un figlio - o qualsiasi altro evento critico che può intervenire nel corso delciclo di vita della famiglia - fondamentale per trovare un nuovo equilibrio ...

domenica 26 giugno 2011

Base sicura

E' così che Bowbly definisce la famiglia: essa svolge l'importante funzione di indirizzare la crescita dell'individuo e di  prepararlo all'ingrasso nella vita sociale; quando però il figlio presenta un deficit le dinamiche familiari cambiano notevolmente: uno degli elementi caratteristici è il perpetrarsi del rapporto di dipendenza dai genitori, i quali si preoccupano - e come dargli torto? - del "dopo di noi".. rimane il fatto che sarebbe meglio lavorare in un'ottica progettuale sull'autonomia del figlio, vedendolo come un "futuro adulto" fin da piccolo (è infatti la famiglia con i suoi atteggiamenti a determinare la possibilità per il figlio di elaborare un progetto di vita quanto più indipendente).
Ovvio che per far questo la famiglia non può essere lasciata sola: la scuola e la comunità - intesa sia come cerchia di parenti e amici, sia in senso più ampio: personale medico, assistenti sociali, educatori, ma anche associazioni, altre famiglie ecc). Stabilire relazioni positive e alleanze con la comunità è fondamentale per la buona riuscita degli interventi educativi.

giovedì 23 giugno 2011

PROGETTO DI VITA

La progettualità riferita alla persona con deficit è spesso discontinua: è inesistente al momento della comunicazione della diagnosi ma va progressivamente costruendosi con la crescita del bambino per raggiungere il picco durante gli anni della scuola .. ed è proprio qui il problema: la progettualità è legata alla scuola dopo di che le prospettive di vita vengono via via messe da parte..
In realtà la progettualità dovrebbe cominciare sin dalla nascita, quindi molto prima del periodo della scuola.  Un passaggio chiave è quello dell’adolescenza in quanto momento di costruzione identitaria: Montobbio parla di “viaggio imperfetto” poiché il passaggio dall’infanzia al mondo adulto avviene senza quei riti di passaggio tipici degli adolescenti ( allontanamento dai genitori, acquisizione di nuovi codici di comportamento, abbigliamento e linguaggio); questo però non deve costituire un limite allo sviluppo della persona, il quale deve essere sempre il principio guida di ogni azione educativa.
Un fattore importante per l’affrancamento e l’integrazione sociale è rappresentato dal lavoro che ha una forte valenza sul piano identitario personale, civile e sociale. L’inserimento lavorativo delle persone con disabilità è un problema: i più non comprendono che la disabilità può essere una risorsa per l’ambiente produttivo - nel momento in cui c’è compatibilità tra persona e contesto lavorativo - se solo si relativizzassero concetti come successo, sviluppo, produttività… ...
Il progetto di vita dovrebbe poi continuare anche nell’età adulta e nell’età anziana - periodo in cui, se i servizi si limitano all’assistenzialismo, vanno perdute molte abilità acquisite durante gli anni precedenti, appare infatti più opportuno sollecitare la persona a partecipare ad attività ricreative in modo da continuare ad intrattenere relazioni significative e stimolanti e che hanno influenza positiva sul benessere della persona.
E’ necessario attivare una progettualità di sintesi anticipata rispetto la scuola e che veda il contributo di una pluralità di professionisti, in modo da evitare riduzionismi e frammentarietà ..

domenica 19 giugno 2011

Vita Indipendente

E’ il nome di un movimento che nasce negli anni ‘70 nell’Università di Berkeley (California, USA)ad opera di un gruppo di studenti con disabilità al fine di rivendicare i propri diritti in quanto persone: diritto alla vita, diritti politici e sociali e, sullo sfondo il diritto all’autodeterminazione. I principi cardine - ripresi dalla convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità - di questo movimento sono: la non discriminazione e l’empowerment ovvero il potere di fare, quindi l’autonomia.

Autonomia che è ovviamente importante e che dovrebbe essere sostenuta anche dal sistema formativo - che non si dovrebbe più curare solo degli aspetti culturali della formazione - nelle sue tre grandi aree: area dell’autonomia personale (igiene, abbigliamento, alimentazione, vita domestica …), area dell’autonomia dei movimenti (spostamenti, uso dei mezzi pubblici) e l’area dell’autonomia comportamentale ( nei diversi contesti di vita - familiare, scolastico, lavorativo).

Per quanto riguarda l’empowerment, l’autodeterminazione è necessario agire in due direzioni:

  1. predisporre, come prevede la normativa, un progetto individuale lungo tutto l’arco della vita.
  2. intervenire sulla comunità, modificando il contesto per renderlo più sensibile e adatto a quanti lo abitano. In questo caso però c’è il rischio di costruire e perpetrare luoghi e strutture per “diversi” quando risulta invece necessario costruire relazioni significative con i “luoghi della normalità”.

mercoledì 15 giugno 2011

la cura

In questo ambito il concetto di aver cura è di fondamentale importanza; il termine cura deriva dal latino e significa amministrare, gestire, farsi carico; nel corso del tempo ha assunto altri due significati: in ambito medico indica un terapia, un trattamento e infine nell’ambito che più ci interessa, quello dell’educazione, indica quel sentimento di sollecitudine, attenzione, di profondo interesse per le vicissitudini dell’altro. Quest’ultimo concetto sottolinea come il focus sia sul percorso da compiere con la persona - che quindi non è un oggetto da guarire, prodotto di un trattamento - all’interno del suo contesto.mani

Esistono due modalità contrapposte dell’aver cura, come definisce Heidegger la cura che prende forma nel rapporto con gli altri (definisce invece prendersi cura la relazione con le cose del mondo):

  • modalità difettiva: porta a sostituirsi all’altra persona, negando le sue capacità e possibilità; si tratta di una pratica educativa violenta dato che l’altro viene ridotto a oggetto manipolabile, dipendente e dominato, anche se in modo tacito e dissimulato, per questo secondo Heidegger questa modalità si configura come un sostituirsi dominando

 

  • modalità autentiche: in questo modo si parte dal presupposto dell’educabilità dell’altro - quindi dalle sue potenzialità . L’attenzione in questo caso è centrata sulla persona e non sulle cose da fornirgli - per quanto anche queste siano importanti. L’altro è soggetto attivo in un percorso educativo che guarda al futuro e stimola l’auto-educazione. In quest’ottica “Il rapporto educativo è un tipico rapporto tra disuguali che devono divenire uguali: dunque deve essere una costante pratica di uguaglianza” (Laporta R., La difficile scommessa, Firenze, La Nuova Italia 1971).

Con le persone disabili la questione dell’evoluzione del rapporto asimmetrico è piuttosto complicata in quanto risulta difficile liberarsi dall’idea di aver di fronte un bambino da proteggere, e ciò è molto deleterio perché queste persone vivono un estraniamento da se stessi dato che sono sempre altri che decidono per loro, per un qualche aspetto della loro vita resteranno sempre bambini.. E’ un lavoro lungo che richiede ripetuti sforzi, auto-riflessione e auto-critica .. ..